Paesi – Oltre le parole – Intervista con Enzo Minio
All’inizio degli anni ’80 c’è stato un certo risveglio della stampa locale quando sono nati una serie di periodici locali di informazione che avevano la periodicità mensile, quindicinali e anche settimanali. Nel 1982, nacque il mensile “Paesi – Oltre le parole” che vide il suo primo numero uscire dalla rotativa della Tipografia di Ignazio Matinella, nel febbraio del 1982. Ricostruiamo la storia della nascita e della vita della pubblicazione, con il direttore responsabile Enzo Minio che ha guidato una corposa cordata di giornalisti, alcuni in erba, altri corrispondenti dei quotidiani regionali locali e altri ancora scrittori locali e dei paesi vicini con l’hobby del giornalismo visto in chiave culturale”.
Chiediamo al direttore Minio. Come è nato il giornale “Paesi”?
“Un gruppo di amici, non solo di Ribera, ma di tutti comuni del comprensorio, dai paesi della collina sino al mare, ci siamo ritrovati a realizzare un giornale dalla periodicità mensile, con lo scopo di divertirci culturalmente, senza appartenenze politiche, religiose e sociali e soprattutto senza sovvenzioni economiche e veline che ci potevano venire da chicchessia al fine di fare crescere e sopravvivere il giornale”.
Da chi era composta la redazione e chi erano i collaboratori?
“Inizialmente ci siamo ritrovati insieme Mimmo Marchetta, Salvatore Cacioppo, Totò Castelli, Franco Mascarella, Pietro Giandalia e chi vi parla in qualità di direttore responsabile. Il condirettore è stato Mimmo Marchetta che ha avuto anche il compito di coordinare tutti i collaboratori che sono stati Enzo Porrello di Sciacca, Lillo Miceli di Burgio, Rolando Montalbano di Cianciana, Cesare Sermenghi di Bivona, Giacomo Spoto ed Emanuele Borsellino di Cattolica Eraclea, Totò Rizzuto di Montallegro, Giuseppe Vella di Realmonte, Alfonso Leto di Santo Stefano Quisquina e Gaetano Settecasi di Alessandria della Rocca e tanti altri giovani che collaboravano periodicamente. Volevamo fare, e per qualche anno ci siamo riusciti, un giornale del comprensorio che riportasse notizie, fatti, avvenimenti di cultura, assenti sui giornali quotidiani che curavano soprattutto la cronaca giornaliera. Le nostre notizie approfondivano i fatti del giorno”.
Quali le peculiarità del giornale?
“Intanto il nome perché voleva essere appunto un giornale di zona. Poi, l’abbonamento di 7 mila lire nel 1982, con 600 lire di copia a giornale in edicola e con la stampa dell’allora tradizionale linotype con i “righelli” di piombo. Il giornale era tutto in bianco e nero e ci sembrò eccezionale il numero 2 di marzo 1982, stampato con la sola copertina ad un solo colore, rosso, e quello del mese successivo verde. Era suddiviso in circa dieci parti con l’attualità dei comuni del comprensorio, la politica, lo sport, l’agricoltura, le tradizioni popolari, un paese per ogni numero, l’osservatorio, le, rubriche, i personaggi. Lo spedivamo in abbonamento postale –gruppo terzo – a diversi riberesi sparsi per lavoro nelle regioni italiane e all’estero. Inizialmente se ne stamparono 300 copie che arrivarono a 500-600 negli anni successivi, con un po’ di resa”.
Com’era l’organizzazione redazionale?
“Ci incontravamo per preparare il numero del mese, subito dopo l’uscita mensile del giornale, e quando gli amici collaboratori di fuori non potevano venire a Ribera ci mettevamo d’accordo telefonicamente sugli argomenti. Gli articoli ci arrivano per posta, con foto in bianco e nero. Qualcuno ce li mandava per fax (ci sembrò una grande scoperta) e qualcun altro ce li portava a mano nel corso delle riunioni. Agli articoli si dava la collocazione nelle varie rubriche e si portava il materiale in tipografia, da Matinella, in via Fazello, dove il buon Ignazio impiegava anche una settimana stampare il giornale e dove puntuali Totò Cacioppo curava l’impaginazione e Mimmo Marchetta, da docente di scuola media, correggeva le bozze, con l’aiuto anche della compianta signora Giuseppina, consorte di Matinella. Infine, copie in mano, la corsa verso l’edicola e verso le poste per spedire il mensile”.
Quali erano i contenuti del giornale?
“Per ogni numero c’era un servizio speciale su un comune del comprensorio, con la sua storia e i suoi problemi. Ci siamo occupati di Caltabellotta, Burgio, Bivona, Cattolica Eraclea, Alessandria della Rocca, Bivona, Montallegro e via via tutti gli altri. Poi era il turno dell’attualità, con la politica, le cronaca con la rubrica “Paesi Tuoi”. C’era pure l’agricoltura con la diga “Castello”, l’ampliamento delle aree irrigue, la sanità con i problemi ospedalieri legati alla nascita del nuovo presidio ospedaliero della circonvallazione. Non mancava la ferrovia Agrigento-Castelvetrano che fu chiusa definitivamente proprio in quegli anni”.
Pietro Giandalia |
Enzo Minio |
Il dott. Tommaso Riggio al centro |
Cesare Sermenghi
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Avete fatto conoscere tanti personaggi locali. È vero?
Parte di rilievo sul giornale hanno avuto i personaggi locali, storici, scrittori, artisti, poeti di cui in pochi in quegli anni si erano occupati. Con ricerche approfondite ci si è occupati anche dai personaggi minori, come “Ninu lu sagristanu” di Ribera o Pascol Colletti di Burgio. Si è scritto più volte su Ignazio Russo di Sciacca, su Fra Giordano Ansalone, oggi santo, di Santo Stefano Quisquina, sul cardinale di Palermo Salvatore Pappalardo nato a Villafranca Sicula, su Emanuele Navarro della Miraglia di Sambuca di Sicilia, sul poeta e pacifista riberese Giuseppe Ganduscio, sul poeta Vincenzo Navarro, sullo statista Francesco Crispi, sul poeta di Sciacca Ignazio Russo e su Alfonso Amorelli di Sambuca di Sicilia. Allora scrissero per il giornale Tommaso Riggio di Ribera, Cesare Sermenghi di Bivona, Lorenzo Reina di Santo Stefano Quisquina e altri collaboratori occasionali incuriositi dal nuovo mezzo di comunicazione locale”.
Come viveva il giornale dal punto di vista finanziario?
“Era stata giustamente scelta la linea di indipendenza da forze politiche o gruppi economici. Per la verità, che io sappia nessuno ci ha avvicinato con delle “offerte” di collaborazione economica. Il giornale ha vissuto, dal gennaio 1982 a novembre 1985, autofinanziandosi ossia le uniche spese obbligatorie erano la stampa tipografica e la spedizione. Per il tutto il resto, c’era l’entusiasmo, il volontariato e l’amore per uno strumento di informazione, tutti legati al tempo. Non abbiamo voluto o potuto fare un’operazione commerciale perché eravamo in tanti e gli introiti finanziari derivanti da alcuni annunci pubblicitari, tutti locali, e dalle quote di vendita in edicola e di abbonamento sono serviti per pagare le spese di stampa e di spedizione. Restavano pochi spiccioli, a malapena per il caffè. Quando ci incontravamo, ricordo che ognuno si pagava da sé la pizza”.
Perché il giornale ha chiuso, dopo quattro anni?
“Diverse le motivazioni. La prima è di natura finanziaria. Quando sono finiti i soldi racimolati inizialmente non potevamo mettere mano nelle nostre tasche per fare il giornale. Qualcuno, va detto, si è stancato di raccogliere la pubblicità. Per altri l’entusiasmo giornalistico iniziale è scemato lentamente. Alcuni giovani collaboratori si sono iscritti all’università o sono andati fuori per lavoro. È venuto meno anche il loro apporto. Peccato! Non siamo stati capaci di creare un prodotto commerciale che poteva allungare la vita del giornale. Il volontariato e l’entusiasmo hanno questi limiti. Scemano”.
Quali sono stati gli aspetti positivi dell’operazione “Paesi”?
“Certamente l’esperienza acquisita con un giornalismo che non era cronaca quotidiana. Un gruppo di amici con cui intratteniamo ancora degli ottimi rapporti di amicizia e collaborazione culturale, anche se i migliori ci hanno lasciato, da Sermenghi a Riggio, da Rizzuto a Grassadonia. Qualcuno ha sfruttato l’esperienza e si è scritto a giornalismo o è diventato giornalista professionista come Lillo Miceli di Burgio a La Sicilia, Giuseppe Cerasa di Chiusa Sclafani a Repubblica e Alfonso Bugea al Giornale di Sicilia. Qualche giovane con gli articoli pubblicati su “Paesi” si è iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti – Elenco Pubblicisti”.
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