lunedì 14 luglio 2014

I giornali nella storia di Ribera: Momenti di vita locale

Momenti di vita locale
di Angela Gulino

Momenti di vita locale, che ha sede in via Guastella 52, è il settimanale riberese con la storia più lunga alle spalle. Nasce nell’estate del 1989 e viene regolarmente registrato presso il tribunale di Sciacca. Il direttore responsabile è Franco Messina (un avvocato in pensione), ma chi materialmente prepara il giornale è Franco Mascarella, insegnante di fisica e matematica presso l’istituto tecnico e per geometri di Ribera, con una grande passione per il giornalismo. A lui ho posto alcune domande in data 2 febbraio 2003.
La sede del giornale è sempre stata questa?
«No, all’inizio era in via Alloro 3, sempre comunque vicino la Chiesa Madre».
Come era il giornale prima?
«Quello che è oggi. È nato con l’intento di fare un giornale di servizio per il paese; che avesse la capacità di sostenersi autonomamente con le vendite e la pubblicità, senza dipendere da enti pubblici o altri finanziatori che non fossero gli utenti pubblicitari (commercianti, rivenditori di autovetture, centri di estetica, sale giochi, ecc.). Per raggiungere questo scopo era necessario produrlo in maniera autonoma, senza ricorrere ad una tipografia esterna, con il lavoro dei soci della cooperativa appositamente costituita».
Da dove nasce l’input? 
«Dalla volontà di raccontare Ribera, di valorizzare persone e territori ed esercitare uno stimolo critico nei confronti delle amministrazioni che si sono succedute ma soprattutto della popolazione».
Chi erano i redattori di allora?
«Inizialmente il sottoscritto, Lino Aqué (studente), Leonardo Triolo (studente), Totò Castelli (giornalista), Enzo Minio (giornalista), Rino Messina (Avvocato). Scelsi, tra una rosa di tre candidati a direttore, Franco Messina perché meno esposto politicamente, anche se spuntava democristiano».
Come stampavate nell’89?
«La prima macchina era una piccola offset. Avevamo la grossa difficoltà a far comparire le foto; poi abbiamo seguito le indicazioni di altri tipografi, dopo un paio di settimane ci siamo riusciti. Preparavamo i fotoliti in laboratorio. La veste grafica è stata sempre la stessa. Ci rifacevamo all’impaginazione tradizionale: titolo a 2 o 3 colonne, con cappello e catenaccio sotto il titolo principale. Inizialmente le pagine erano 16. Gli articoli erano dedicati all’attualità locale, alle piccole inchieste, alla cultura. All’inizio c’era la difficoltà a reperire notizie, poi la città ha imparato a farcele recapitare tramite comunicati stampa».

Prof. Franco Mascarella - Redattore

Avv. Franco Messina - Direttore


E oggi come si stampa?
«Con una fotostampatrice che si basa su un sistema elettronico e digitale. I passaggi alle matrici di alluminio, alla camera oscura sono finiti; adesso si passa dal computer alla stampa. Le pagine in media sono 32, anche se siamo arrivate anche a 40».
Si è ridotto il tempo di stampa?
«Di gran lunga. Prima impiegavamo giorni per fare il giornale, adesso si stampa in circa 3 ore».
A chi è destinato il giornale?
«Ai riberesi che stanno in Italia e all’Estero».
Quanto si vende il giornale?
«Siamo passati da1000 lire, 1200, 1500 a 75 centesimi, 77 e 1 euro».
Quante copie si vendono in edicola?
«La media è di 150 copie più gli abbonati che sono all’incirca 250».
Ci sono stati periodi in cui si sono vendute più copie?
«Certamente nei periodi elettorali locali o quando accadono fatti clamorosi che impressionano la gente. Poi facciamo anche edizioni speciali sui risultati scolastici di fine anno che si vendono molto bene».
Che esperienze giornalistiche aveva avuto prima di questa?
«Nei primi anni ’80 avevo collaborato ad un mensile locale, Paesi, e poi qualche anno prima scrivevo per un giornale del circolo universitario, Tempu Persu».
Perché il mensile Paesi ha avuto vita breve?
«Perché non aveva un’impostazione di servizio e commerciale, e poi perché veniva stampato in tipografia con costi altissimi. Da quell’esperienza ho capito che bisognava ridurre i costi di gestione e far uscire il giornale settimanalmente e regolarmente».
Come hanno reagito i riberesi all’uscita di Momenti?
«Inizialmente le persone che lo compravano erano pochissime perché non era fatto bene ed era poco conosciuto. Il boom è avvenuto nell’Aprile del ’90 con la campagna elettorale locale. Abbiamo dovuto stampare due tirature di una edizione, raggiungendo un totale di 2000 copie vendute. È stato davvero un fatto straordinario. Dopo ciò il giornale ha preso il volo. Si iniziò a vendere meglio e negli anni c’è stata una lenta ma costante crescita con 200 copie settimanali vendute durante i periodi elettorali».
A che cosa è stato dovuto questo successo?
«Probabilmente al fatto che con l’esperienza centravamo i gusti dei nostri lettori e poi perché la gente aveva acquisito l’abitudine di comprare i giornali locali».
Quali sono le fasi di lavorazione del giornale?
«Si inizia fin dal lunedì mattino, predisponendo lo schema d’impaginazione; si scarica la posta elettronica, si valuta il materiale esistente in archivio per una eventuale pubblicazione e si predispongono le interviste. Nei due giorni successivi, i redattori intervistano e scrivono gli articoli. Nel frattempo si fanno le foto con la macchina digitale. Il giovedì pomeriggio si chiude l’impaginazione e il venerdì mattina si stampa il giornale. Dopo 3 ore il giornale è pronto per essere distribuito in edicola e per la spedizione postale»
Momenti è anche editore?
«Con le nostre attrezzature, stampiamo anche pubblicazioni a carattere locale come racconti, saggi, volumi di poesie, memoriali di autori locali, ecc.».
Il giornale è schierato politicamente?
«Non abbiamo interesse ad esserlo, proprio perché per motivi commerciali, dobbiamo arrivare a tutti i cittadini».
Cosa spera per il futuro del giornale?
«Che mantenga le stesse caratteristiche e impostazioni».
Cosa spinge un professore di fisica ad occuparsi di giornalismo?
«Prima di tutto il tempo che ha a disposizione, poi un certo interesse per il giornalismo. Nel tempo ho avuto diverse simpatie che poi sono scemate per Giorgio Bocca e Luigi Pintor, mentre ho imparato ad apprezzare sempre di più Indro Montanelli».
Cosa significa essere giornalisti?
«Raccontare i fatti e la vita dal proprio punto di vista».
Momenti ha avuto un ruolo significativo per i Riberesi?
«È stato uno strumento di conoscenza ma non altro. I cittadini lo hanno trovato un sufficiente mezzo di informazione. La misura del gradimento è data dal fatto che si acquista».
Il giornale si è fatto promotore di eventi culturali?
«Si, qualche volta abbiamo presentato dei libri, organizzato convegni a tema, concerti, stage».
Ha un sito internet?
«momenti.3000.it».
Grazie alla cortese disponibilità dello storico riberese Raimondo Lentini che ha messo a disposizione la sua raccolta privata, siamo risaliti al primo numero del settimanale uscito nell'agosto del 1989. Non era ancora registrato presso il Tribunale di Sciacca, il suo nome era Riberestate '89. Il giornale veniva stampato in tipografia. La pagina 2 riportava l'indice degli argomenti trattati e una serie di articoli: Verdura ha il mare più pulito: di Daniele Arcuri; rispettiamo l'ambiente come le nostre case, del sindaco Emanuele Siragusa. pagina 3: I riberesi hanno scoperto il teatro, l'esperienza della passata stagione teatrale, un teatro all'aperto nel suggestivo scenario di Poggio Diana di Franco Mascarella. A pagina 4: Un nuotatore d'eccezione: bagni di mare tutto l'anno... doveva essere un'originalissima cura per la sua artrosi, ora è anche un rito. I consigli per i bagnanti comuni di Franco Mascarella, foto di Caterina Micalizzi. A pagina 6: Le località balneari riberesi, turismo anno 0. Esiste un'economia riberese? Se un imprenditore, oggi, volesse costruire un albergo non saprebbe come fare. La mancanza di una cultura del turismo (di Giuseppe Pedalino). A pagina 8 e 9 troviamo il programma dell'estate riberese di quello stesso anno. A Pagina 10: Il settimo giorno arrivò l'acqua. Col passare degli anni, la situazione dell'acqua potabile si è sempre più aggravata. Queste le speranze per il futuro, di Lino Aqué. A pagina 12, intervista al sindaco di Ribera: È l'ultima estate di sete ve l'assicuro. di Caterina Micalizzi. A Pagina 13: intervista al vice sindaco, Ci vogliono le strutture turistiche, ma le faremo di Lino Aqué. A pagina 14: In giro con la Sicilia in tasca, una iniziativa editoriale tutta riberese. Informazioni storico archeologiche, turistiche gastronomiche ed in più una carta per gli sconti negli alberghi e ristoranti di Daniele Aqué. A pagina 15: Voti di maturità a Ribera. A pagina 16: Agenda di agosto (turni di Farmacia, servizi di Autobus, orari di Guardie mediche ecc). Nel numero dell'8 ottobre 1989, inizia la rubrica a cura dello storico Raimondo Lentini su Le famiglie riberesi: i primi coloni. Nello stesso anno si aggiunge la rubrica delle lettere al giornale. I primi numeri del settimanale non escono in edicola in un giorno stabilito per le difficoltà nella stampa. Dal numero 8 dell'89 termina la rubrica di Raimondo Lentini, mentre dal numero 15 anno II del 25 febbraio 1990 cessa il sommario di pagina 2. Il 13 luglio 1990 Momenti esce con un'edizione straordinaria dal titolo: L'esasperazione per la mancanza d'acqua ha portato alla devastazione del municipio: la rivolta. Il numero 36, anno II del 22 luglio 1990 titola: Così Ribera sui giornali, i mass media si sono occupati ampiamente degli avvenimenti riberesi - prime pagine sui giornali siciliani, ampio risalto su quelli nazionali, di Franco Mascarella. Nello stesso numero un'interessante inchiesta sulle letture dei riberesi: Un quotidiano ogni 50 abitanti contro una media nazionale di 1 ogni 10; I pareri degli edicolanti, di Lino Aqué. Nello stesso anno dal numero '64 nasce una nuova rubrica sullo stato civile dei riberesi: Chi è nato, morto, sposato, di Onofrio Castronovo e di Enrica Lo Sardo. Il numero 73 del 1991 riporta due interessanti interviste di Rino Messina a Monica Guerritore e Gabriella Bove; nel numero 76, un'intervista a Michele Placido: Il mio paese somiglia tanto a Ribera, di Rino Messina. Il giornale si amplia, arriva a 20 pagine e nasce una nuova rubrica, a cura di Totò Castelli dal titolo Sotto l'ombrello. Dal numero 154 dell'anno IV del 13 dicembre 1992 inizia una nuova rubrica di Raimondo Lentini sui Sindaci di Ribera dal 1808 ad oggi che terminerà nel numero 161 del 14 febbraio 1993. Suggestiva la copertina numero 165 dell'anno V del 14 marzo del '93 che titola: La balena nel corvo andrà in un museo naturale (con foto). Nel numero 181 in copertina: Generosi ma vani, gli sforzi per salvare Korsky, il tunisino annegato a Seccagrande. Nel numero 212 del 13 marzo 1994 in copertina: Pietro Cottone ai “Fatti vostri” per raccontare dei suoi bagni di mare invernali. Nel numero 240 nasce la finestra di Onofrio Abisso, uno spazio dedicato alle massime dell'autore. Tra le interviste da segnalare ricordiamo quella a Raf Vallone nel numero 263 del 2 aprile '95; il servizio di Tornambé su Christopher Lambert nelle riprese de Il Siciliano a Caltabellotta; e ancora l'intervista a Giuseppe Tornatore dal titolo Cominciai con le prime comunioni sempre di Tornambé.
La copertina numero 290 del 29 ottobre '95 è dedicata al matrimonio tra la riberese Giovanna Carlino e Pierluigi Pirandello, nipote del grande scrittore. Risale al numero 295, l'incontro con Luciano Benetton in visita a Ribera. Il servizio è di Lino Aqué. Dal numero 269 inizia una nuova rubrica a carattere satirico: Castellopoli, curata da Totò Castelli. A partire dal numero 297 del '96 nasce una nuova rubrica curata dal dott. Mimmo Macaluso dal titolo: Modificate il vostro vocabolario, non tutti la mattina possono farsi un cappuccino. Tale rubrica terminerà nel numero 306 dello stesso anno. Da evidenziare come nel settimanale trovino spazio anche racconti locali di breve lunghezza. Inoltre il giornale si avvale di corrispondenti da Calamonaci, Cianciana e Milano. La copertina del numero 347 del 12 gennaio '97 è dedicata al nostro redattore Totò Castelli: Ospite dei “Fatti vostri” racconta cosa c'è dietro le telecamere di una Tv nazionale. Nel numero 358: La visita di Dini a Ribera con fotografia in copertina. Nasce nello stesso anno l'Aforisma di Onofrio Abisso. Il giornale si occupa pure di far conoscere alcuni luoghi di rilevante valore artistico-paesaggistico poco conosciuti e in certi casi abbandonati, come Santa Maria di Adriano, il fiume Sosio e tanti altri. Nel numero 373 del '97 nasce la rubrica Sotto l'ombrellone di Totò Castelli. Nel numero 389 troviamo in copertina Pamela Prati venuta a Ribera in occasione di uno spettacolo teatrale. Nel numero 400 del '98 iniziano una serie di servizi condotti dal dott. Mimmo Macaluso dal titolo: Lezioni di emergenza che dureranno fino al numero 403. L'occasione di questi articoli nasce in seguito ad un incidente nel quale un bambino riberese muore per ostruzione delle vie respiratorie. Nel numero 417 del 21 giugno 1998 inizia una serie di servizi giornalistici sul mondo americano curato da Matteo Tallo dal titolo: Diario americano e che terminerà sei numeri dopo. Dal numero 424, nasce la rubrica di corrispondenza con i lettori: Sotto il gelsomino di Gelsomina. Dal numero 445 del 17 gennaio '99 nasce la rubrica Momentini - Momentoni - Momentacci di Totò Castelli. Nel numero 478 nasce la rubrica: Società del malessere di Michele Ferdico, Tossicologo, responsabile del SERT. La rubrica terminerà nel numero 488. Nel numero 495 del 2000 nasce Castellium Bug di Totò Castelli che terminerà nel numero 517 dello stesso anno. Qualche numero prima il settimanale aveva aperto le sue pagine agli studenti delle scuole superiori con la rubrica La parola agli studenti. L'attenzione verso di loro è stata più volte ripetuta nel tempo grazie anche all'organizzazione di stage estivi.
Nel numero 563 del 2001 troviamo la trascrizione di alcune determinazioni sindacali e una nuova rubrica dedicata alle barzellette del Parlamento. Nel numero 579, uno spazio dedicato all’ALBO PRETORIO (con le gare del Comune di Ribera) a cura di Nuccio Castronovo; Nello stesso numero la rubrica Qua e là di Totò Castelli. Nasce anche un’altra rubrica curata da Aurelio Bonafede, denominata Pianeta Bici. Il settimanale apre le sue pagine all’ESA di Ribera , a firma del responsabile dottor Pietro Sutera. Intanto per 7 numeri, il giornale si occupa del progetto di una possibile isola pedonale, con servizi, inchieste e interviste agli uomini politici locali. Prosegue anche l’inchiesta sull’ospedale, mai veramente conclusasi, sulle Promesse non mantenute. Nel numero 587 prosegue l’indagine sull’isola ecologica, dal titolo: A chi fa paura l’isola ecologica? di Franco Mascarella, con un’altro pezzo di Giuseppe Castelli e gli interventi dell’assessore ai Lavori Pubblici e all’Ecologia. L’inchiesta termina nel numero 653 del 2003.
Nel numero 595 del 2002 nasce la rubrica Oroscopazzo di Angela Gulino. Nel numero 601, un’inchiesta di Franco Mascarella titola: Quanto ci costa la politica comunale. Dal numero 606 nasce la rubrica: Peccati di gola a cura di Lina Amari, con interviste ai proprietari dei migliori ristoranti, pasticcerie e tavole calde riberesi. Nello stesso numero ritroviamo I Racconti dell’Amazzonia di Matteo Tallo, che proseguono per vari numeri. Nel numero 624 del 24 Agosto 2002: Tratti e ritratti, i migliori brani della nostra letteratura scelti da Onofrio Abisso. Nel numero 632 inizia l’inchiesta sulla raccolta differenziata e sull’emergenza rifiuti di Franco Mascarella. Nello stesso numero l’inchiesta sul problema acqua. Dal numero 640 dello stesso anno, una nuova rubrica: Medicina, curata dall’urologo Andrea Guddemi. Nel numero 649 del 2003, un’inchiesta sul degrado dell’archivio comunale curata da Angela Gulino e Raimondo Lentini. Intanto la rubrica di lettere cambia nome in All’ombra del Gelsomino.
Nel numero 652, troviamo la toccante testimonianza di Don Gerlando Lentini, dal titolo: Non voleva uccidere il figlio, riferito alla donna riberese salita tristemente alla ribalta di Tg e stampa nazionali per aver accoltellato il figlio. Nel numero 661 del 2003, l’ultima rubrica di Nuccio Castronovo, dal titolo Non mi faccio mai gli affari miei.


Aggiornamenti. Nel giugno 2008 a cura di Adriano Mascarella esce il primo numero di un supplemento mensile al settimanale “Momenti” dal titolo “Affari & Piaceri” con il sottotitolo; “Case, Auto, Moto, Ristoranti, Pizzerie Artigiani, Finanziamenti, e altri annunci”. Il mensile veniva distribuito a Sciacca, Ribera, Menfi, Burgio, Villafranca Sicula, Lucca Sicula, Calamonaci, Cianciana, Cattolica Eraclea, Montallegro e le località marine (come si legge nella stessa testata). Il prezzo di copertina è di 20 centesimi. Lo scopo primario del giornale è quello della pubblicità, ma nelle 16 pagine (solo il n. 4 ha 32 pagine) vi sono molti articoli e interviste interessanti curate quasi tutte dello stesso Mascarella, solo un articolo sul numero 8 porta la firma di Valeria La Mattina. Il mensile ha la durata di un anno esatto con 13 numeri dal giugno 2008 al giugno 2009.

I giornali nella storia di Ribera: Paesi – Oltre le parole

Paesi – Oltre le parole – Intervista con Enzo Minio

All’inizio degli anni ’80 c’è stato un certo risveglio della stampa locale quando sono nati una serie di periodici locali di informazione che avevano la periodicità mensile, quindicinali e anche settimanali. Nel 1982, nacque il mensile “Paesi – Oltre le parole” che vide il suo primo numero uscire dalla rotativa della Tipografia di Ignazio Matinella, nel febbraio del 1982. Ricostruiamo la storia della nascita e della vita della pubblicazione, con il direttore responsabile Enzo Minio che ha guidato una corposa cordata di giornalisti, alcuni in erba, altri corrispondenti dei quotidiani regionali locali e altri ancora scrittori locali e dei paesi vicini con l’hobby del giornalismo visto in chiave culturale”.
Chiediamo al direttore Minio. Come è nato il giornale “Paesi”?
“Un gruppo di amici, non solo di Ribera, ma di tutti comuni del comprensorio, dai paesi della collina sino al mare, ci siamo ritrovati a realizzare un giornale dalla periodicità mensile, con lo scopo di divertirci culturalmente, senza appartenenze politiche, religiose e sociali e soprattutto senza sovvenzioni economiche e veline che ci potevano venire da chicchessia al fine di fare crescere e sopravvivere il giornale”. 
Da chi era composta la redazione e chi erano i collaboratori?
“Inizialmente ci siamo ritrovati insieme Mimmo Marchetta, Salvatore Cacioppo, Totò Castelli, Franco Mascarella, Pietro Giandalia e chi vi parla in qualità di direttore responsabile. Il condirettore è stato Mimmo Marchetta che ha avuto anche il compito di coordinare tutti i collaboratori che sono stati Enzo Porrello di Sciacca, Lillo Miceli di Burgio, Rolando Montalbano di Cianciana, Cesare Sermenghi di Bivona, Giacomo Spoto ed Emanuele Borsellino di Cattolica Eraclea, Totò Rizzuto di Montallegro, Giuseppe Vella di Realmonte, Alfonso Leto di Santo Stefano Quisquina e Gaetano Settecasi di Alessandria della Rocca e tanti altri giovani che collaboravano periodicamente. Volevamo fare, e per qualche anno ci siamo riusciti, un giornale del comprensorio che riportasse notizie, fatti, avvenimenti di cultura, assenti sui giornali quotidiani che curavano soprattutto la cronaca giornaliera. Le nostre notizie approfondivano i fatti del giorno”.
Quali le peculiarità del giornale?
“Intanto il nome perché voleva essere appunto un giornale di zona. Poi, l’abbonamento di 7 mila lire nel 1982, con 600 lire di copia a giornale in edicola e con la stampa dell’allora tradizionale linotype con i “righelli” di piombo. Il giornale era tutto in bianco e nero e ci sembrò eccezionale il numero 2 di marzo 1982, stampato con la sola copertina ad un solo colore, rosso, e quello del mese successivo verde. Era suddiviso in circa dieci parti con l’attualità dei comuni del comprensorio, la politica, lo sport, l’agricoltura, le tradizioni popolari, un paese per ogni numero, l’osservatorio, le, rubriche, i personaggi. Lo spedivamo in abbonamento postale –gruppo terzo – a diversi riberesi sparsi per lavoro nelle regioni italiane e all’estero. Inizialmente se ne stamparono 300 copie che arrivarono a 500-600 negli anni successivi, con un po’ di resa”.
Com’era l’organizzazione redazionale?
“Ci incontravamo per preparare il numero del mese, subito dopo l’uscita mensile del giornale, e quando gli amici collaboratori di fuori non potevano venire a Ribera ci mettevamo d’accordo telefonicamente sugli argomenti. Gli articoli ci arrivano per posta, con foto in bianco e nero. Qualcuno ce li mandava per fax (ci sembrò una grande scoperta) e qualcun altro ce li portava a mano nel corso delle riunioni. Agli articoli si dava la collocazione nelle varie rubriche e si portava il materiale in tipografia, da Matinella, in via Fazello, dove il buon Ignazio impiegava anche una settimana stampare il giornale e dove puntuali Totò Cacioppo curava l’impaginazione e Mimmo Marchetta, da docente di scuola media, correggeva le bozze, con l’aiuto anche della compianta signora Giuseppina, consorte di Matinella. Infine, copie in mano, la corsa verso l’edicola e verso le poste per spedire il mensile”.
Quali erano i contenuti del giornale? 
“Per ogni numero c’era un servizio speciale su un comune del comprensorio, con la sua storia e i suoi problemi. Ci siamo occupati di Caltabellotta, Burgio, Bivona, Cattolica Eraclea, Alessandria della Rocca, Bivona, Montallegro e via via tutti gli altri. Poi era il turno dell’attualità, con la politica, le cronaca con la rubrica “Paesi Tuoi”. C’era pure l’agricoltura con la diga “Castello”, l’ampliamento delle aree irrigue, la sanità con i problemi ospedalieri legati alla nascita del nuovo presidio ospedaliero della circonvallazione. Non mancava la ferrovia Agrigento-Castelvetrano che fu chiusa definitivamente proprio in quegli anni”.
Pietro Giandalia

Enzo Minio


Il dott. Tommaso Riggio al centro

Cesare Sermenghi

Avete fatto conoscere tanti personaggi locali. È vero?
 Parte di rilievo sul giornale hanno avuto i personaggi locali, storici, scrittori, artisti, poeti di cui in pochi in quegli anni si erano occupati. Con ricerche approfondite ci si è occupati anche dai personaggi minori, come “Ninu lu sagristanu” di Ribera o Pascol Colletti di Burgio. Si è scritto più volte su Ignazio Russo di Sciacca, su Fra Giordano Ansalone, oggi santo, di Santo Stefano Quisquina, sul cardinale di Palermo Salvatore Pappalardo nato a Villafranca Sicula, su Emanuele Navarro della Miraglia di Sambuca di Sicilia, sul poeta e pacifista riberese Giuseppe Ganduscio, sul poeta Vincenzo Navarro, sullo statista Francesco Crispi, sul poeta di Sciacca Ignazio Russo e su Alfonso Amorelli di Sambuca di Sicilia. Allora scrissero per il giornale Tommaso Riggio di Ribera, Cesare Sermenghi di Bivona, Lorenzo Reina di Santo Stefano Quisquina e altri collaboratori occasionali incuriositi dal nuovo mezzo di comunicazione locale”.
Come viveva il giornale dal punto di vista finanziario?
“Era stata giustamente scelta la linea di indipendenza da forze politiche o gruppi economici. Per la verità, che io sappia nessuno ci ha avvicinato con delle “offerte” di collaborazione economica. Il giornale ha vissuto, dal gennaio 1982 a novembre 1985, autofinanziandosi ossia le uniche spese obbligatorie erano la stampa tipografica e la spedizione. Per il tutto il resto, c’era l’entusiasmo, il volontariato e l’amore per uno strumento di informazione, tutti legati al tempo. Non abbiamo voluto o potuto fare un’operazione commerciale perché eravamo in tanti e gli introiti finanziari derivanti da alcuni annunci pubblicitari, tutti locali, e dalle quote di vendita in edicola e di abbonamento sono serviti per pagare le spese di stampa e di spedizione. Restavano pochi spiccioli, a malapena per il caffè. Quando ci incontravamo, ricordo che ognuno si pagava da sé la pizza”.
Perché il giornale ha chiuso, dopo quattro anni?
“Diverse le motivazioni. La prima è di natura finanziaria. Quando sono finiti i soldi racimolati inizialmente non potevamo mettere mano nelle nostre tasche per fare il giornale. Qualcuno, va detto, si è stancato di raccogliere la pubblicità. Per altri l’entusiasmo giornalistico iniziale è scemato lentamente. Alcuni giovani collaboratori si sono iscritti all’università o sono andati fuori per lavoro. È venuto meno anche il loro apporto. Peccato! Non siamo stati capaci di creare un prodotto commerciale che poteva allungare la vita del giornale. Il volontariato e l’entusiasmo hanno questi limiti. Scemano”.
Quali sono stati gli aspetti positivi dell’operazione “Paesi”?
“Certamente l’esperienza acquisita con un giornalismo che non era cronaca quotidiana. Un gruppo di amici con cui intratteniamo ancora degli ottimi rapporti di amicizia e collaborazione culturale, anche se i migliori ci hanno lasciato, da Sermenghi a Riggio, da Rizzuto a Grassadonia. Qualcuno ha sfruttato l’esperienza e si è scritto a giornalismo o è diventato giornalista professionista come Lillo Miceli di Burgio a La Sicilia, Giuseppe Cerasa di Chiusa Sclafani a Repubblica e Alfonso Bugea al Giornale di Sicilia. Qualche giovane con gli articoli pubblicati su “Paesi” si è iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti – Elenco Pubblicisti”.







I giornali nella storia di Ribera: Gli anni '70

Gli anni '70
di Raimondo Lentini

Conclusasi l'esperienza di "Nuovi fatti" e "30giorni" negli anni '60, il seguente decennio si rivela molto povero di periodici: ne nascono alcuni scolastici e qualche altro con numeri sporadici.
L'11 aprile 1971 esce un numero unico ciclostilato dal titolo "Tempu persu”. Non sappiamo se ha avuto seguito con uscite successive: infatti Jack Urso è in possesso solo di questo numero. In copertina si trova una caricatura dell’allora sindaco comunista on. Santo Tortorici con in mano i simboli del partito: una falce  e un martello… da calzolaio. Il giornale viene presentato con un editoriale senza firma in cui si leggono i motivi del nome: “Qualcuno avrebbe certamente preferito una testata altisonante, che fosse stato un programma su cui costruire poi tanti castelli in aria. I giornali come il nostro sono di solito ricchi di buoni propositi, ma hanno breve vita. Per diversi motivi, non ultimo la diffidenza che incontra verso il pubblico. Sono pochi, dobbiamo ammetterlo, coloro che credono sinceramente nella funzione sociale della stampa. C’è un vasto settore dell’opinione pubblica, che considera giuste e ben poste le critiche e le osservazioni che si scrivono nei giornali, salvo poi uscirsene con la battuta qualunquista che è tempo perso, e non sarà certo la carta stampata a cambiare il corso di tante ingiustizie.
Noi non siamo d’accordo, e non è certo per dare ragione a loro che abbiamo titolato il nostro giornale “Tempu persu”: L’abbiamo fatto un po’ per ischerzo e un po’ anche per prevenirli: non vogliamo che ce lo dicano loro. Lo diciamo noi tra il serio e il faceto, ma convinti della funzione di stimolo dei giornali. I problemi trovano le soluzioni più soddisfacenti, quando c’è l’apporto di tutti, e saremo ben lieti di accettare ogni forma di collaborazione.
Vogliamo proprio augurarci che non sia davvero tempu persu quello che stiamo facendo.”
Segue poi l’intervista al Sindaco che era alla ricerca di finanziamenti per i problemi che incombevano allora. Un articolo sul P.S.I. dove tratta dell’espulsione dal partito di Di Betta, Musso e Ciliberto. Questi due articoli non portano firme. È firmato invece da Nino Scirica l’articolo successivo dal titolo “Le intolleranze dei consiglieri” dove tratta di una scampata rissa al consiglio comunale.
Un altro articolo senza firma dal titolo: Scuola - I nuovi locali non soddisfano le esigenze dell’Istituto Tecnico”, infatti da poco tempo erano stati assegnati i locali costruiti in via Circonvallazione per centro educativo per sordomuti all’Istituto tecnico per geometri che si erano rivelati poco adatti allo scopo e quindi abbisognavano di ulteriori ampliamenti oltre quelli già fatti con 4 milioni e mezzo.
Un articolo sull’agricoltura dal titolo “Buone speranze per il vino” porta la firma di Carmelo Marrone. A questo seguono due barzellette e poi due pagine di pubblicità casereccia.
A pagina 10 ancora un altro articolo sull’agricoltura e in particolare sulla imminente Fiera Mercato che doveva svolgersi a Ribera. L’articolo inizia con una frase che suona profetica per il nostro periodo: “Meno spasso e più sostanza” e alla fine l’anonimo autore proponeva di spostare la Fiera nella zona industriale della circonvallazione per dare più spazio agli stand e liberare la villa dai brutti capannoni di lamiera. Altra pagina di pubblicità e un articolo a firma di Totò e Roberto (Nicosia e Piparo) dal titolo: “Proibito per le donne andare al cinema” dove si parlava di un problema iniziato da poco, infatti la censura cinematografica incominciava ad allentare i freni e nei film cominciavano a vedersi scene di sesso ancora non troppo esplicito, ma che imbarazzava il pubblico femminile (di quei tempi!) e eccitava quello maschile tanto che molte (delle poche ragazze) che erano presenti, spesso se ne andavano. Infine un articolo sportivo sempre a firma degli stessi.
Altri giornali, senza periodicità, uscirono a Ribera a cura dell’Amministrazione Comunale in prossimità della Fiera Mercato. Purtroppo non siamo in possesso di tutti i numeri anche perché non essendoci una numerazione progressiva (essendo dei “Numeri unici”) risulta difficile reperirli.



Totò Castelli (a destra) insime a Sasà Salvaggio

Enzo Minio

Nel 1964 il Partito Comunista vinse le elezioni comunali di Ribera e venne eletto sindaco Santo Tortorici; l’anno successivo e precisamente il 12 marzo 1965 convocò un Consiglio comunale con un ordine del giorno abbastanza corposo e tra le dichiarazioni programmatiche vi era l’istituzione della Fiera Mercato Agricoltura Zootecnia e Meccanica Agricola. La prima edizione della Fiera ebbe luogo dentro la Villa Comunale dal 24 marzo al 4 aprile del 1967, e fu inaugurata dall’Assessore Regionale all’industria e Commercio on. Salvino Fagone. Come espositori vi parteciparono ditte e fabbriche locali, della provincia e di ogni altra parte della Sicilia, per un totale di oltre cento ditte. Le spese furono contenute in una somma di lire 5 milioni, di cui 2 milioni furono versati come contributo a fondo perduto dall’Assessorato Regionale all’Industria e Commercio. Dopo alcuni anni fu deciso di spostare la data facendola ricadere tra due importanti festività nazionali dal 25 aprile al primo maggio di ogni anno. In occasione di questa prima edizione della Fiera venne affidato al giornalista Ezio Calaciura (morto poi nel marzo del 1973 in Calabria in strano incidente stradale dove si presume sia intervenuta la mafia) una edizione speciale di un giornale da lui curato dal titolo “Ribera 2000” (ANNO II - N. 4 - 28 MARZO 1967, probabilmente un giornale provinciale che in quella occasione venne dedicato a Ribera), in cui si trattava di urbanistica e altri problemi del paese, ma soprattutto della prima edizione della Fiera. Probabilmente negli anni successivi non vennero pubblicati altri giornali poiché, come ci dice l’on. Santo Tortorici: “In occasione dell’edizione del 1974 venne pubblicato un giornaletto come numero unico a 6 pagine dal titolo Qui Ribera (stampato presso la Tipolitografia T. Sarcuto di Agrigento) diretto dal giornalista agrigentino Umberto Trupiano, collaborato da Totò Castelli e Giovanni Chiodo, interamente dedicato all’esposizione fieristica di Ribera.”  In effetti il giornale non trattava però solo della Fiera Mercato, ma affrontava anche altre problematiche sia nazionali, come il referendum sul divorzio, che locali: la scuola, il castello di Poggiodiana, il depuratore, il mercatino, la pulizia del paese, lo sport, ecc.. Mentre nel 1976 sotto lo stesso titolo ma curato solo dai giornalisti riberesi Castelli e Minio insieme a Enzo Di Prima, uscirono due numeri il primo a marzo, con sei pagine, e il secondo ad aprile con dieci. Anche questi trattano, oltre che della fiera Mercato, anche di varie problematiche riberesi dell’epoca.

I giornali nella storia di Ribera: La Via

La Via
di Angela Gulino e Raimondo Lentini

La Via viene fondato a Favara nell’Agosto del 1966, regolarmente registrato presso il tribunale di Agrigento. Dal Dicembre dello stesso anno si inizia a stampare. L’iniziativa di creare un giornale nasce dal Movimento Maestri di Azione Cattolica di Favara e i primi redattori furono alcuni insegnanti (Lillo Arancio, Totò Capodici, Anna Contino, Carmela Salamone, Lia Sorce, Suor Pia Alessi). Il direttore responsabile era e rimane don Gerlando Lentini, mentre i collaboratori attivi erano poi rimasti suor Angela Pecoraro e Lia Sorce, altri collaboratori intervengono saltuariamente con qualche articolo. La sede del giornale era il Collegio di Maria di Favara, mentre dal marzo 1974, da quando il direttore responsabile si è trasferito a Ribera, il giornale viene realizzato nella sede di largo Kennedy 4 a Ribera. Per motivi burocratici il mensile è stato registrato presso il Tribunale di Sciacca, il 30 ottobre del 1998.
Come si legge nel primo numero de La Via del 1966, lo scopo del giornale è quello di “contribuire al potenziamento dei valori dello spirito nell’ambiente intellettuale. La Via non porterà la rivoluzione, è vero, ma qualcosa di buono: un’idea nuova o rispolverata, un interrogativo, un invito a riflettere”. I lettori che avevano dato il loro contributo erano 290. "La Via" non ha abbonati, ma solo lettori i quali contribuiscono liberamente. Non si trova in edicola ma viene distribuito per posta; i lettori erano stati reclutati nel 1966 attraverso l’elenco telefonico, i circoli culturali, le scuole e le segnalazioni di amici. 
Le nazioni straniere dove viene spedito il mensile (solo una cinquantina di numeri in tutte queste nazioni) sono: Belgio, Polonia, Germania, Francia, Inghilterra, Israele, Messico, Siria, Svizzera, Brasile, Filippine, Tanzania, U.S.A, Papua New Guinea, Giappone, Repubblica Cèca, Bulgaria, Cile, Bangladesh, Australia, Cina.
 «Pochi credevano a questo giornale - dice padre Lentini - ma il tempo ci ha dato ragione. Il mensile ha acquistato nel tempo un successo che è andato al di là delle nostre aspettative. Viene collezionato da tanta gente e molti articoli vengono letti nelle scuole e ogni anno confezioniamo un CD con tutti i numeri del giornale dal 1966 e ogni anno viene aggiornato».
Il primissimo numero del mensile recava la dicitura: Ai professionisti di Favara. Le copie distribuite erano 700 e il giornale veniva letto solo ed esclusivamente a Favara. L'impaginazione è rimasta la stessa nel corso del tempo. Variano le pagine trattate. I primi anni 4 o 5, poi di più fino ad assestarsi alle 10 attuali.
Dal numero 8 del 1966, il giornale allarga i propri confini, sparisce la dicitura "Ai professionisti di Favara" e inizia ad essere distribuito, tramite spedizione postale, anche nei comuni limitrofi. Le problematiche trattate nel giornale erano e continuano ad essere di natura culturale, filosofica, storica, teologica e politico-sociale. Non ha mai trattato di cronaca. Don Gerlando Lentini, attingendo dalle opere, da fonti storiche, da riviste specializzate e da libri, ha trattato dei grandi personaggi del mondo della letteratura come Pirandello, Chersterton, Papini, Saba, Ungaretti, Tomasi di Lampedusa, Guerriero, Malaparte, Silone, Solzenicyn, Sciascia, Pasolini. I vari articoli trattati su ognuno di questi autori sono stati raccolti in un libro dal titolo Itinerari stampato nel 1981 da Edizioni Carroccio (Padova). Questa però non è l'unica fatica letteraria dell'autore, che nel corso del tempo ha pubblicato tanti volumi tra cui ricordiamo: Ribera e l'orfanotrofio di San Giuseppe, scritto insieme a Giuseppe Di Grado, Ribera e le figlie di Sant'Anna, La pace di Abramo, Carolina Santocanale, da nobildonna a madre dei poveri, Nicolò Licata, prete, giornalista e tribuno del popolo con Raimondo Lentini e tanti altri libri.


Nel '67 troviamo nel giornale, la sporadica pubblicità di qualche esercizio commerciale di Favara. I temi trattati in questo periodo sono il divorzio e l'aborto che verranno ripresi più volte nel corso dei vari numeri.
Nello stesso anno un articolo di Lillo Franco porta il titolo: Sanremo 1967: dove va la canzone? E ancora Dalida come Marylin Monroe. Padre Lentini nei suoi articoli di fondo tratta de La morte di Stalin, Leonardo Sciascia: Todo modo, Josef Mindszenty.
Il mensile veniva integralmente scritto a macchina e realizzato con il ciclostile; non contiene foto, inizialmente solo qualche disegno ed è formato da un numero variabile di pagine (10-20) e la copertina varia di colore. Gli argomenti trattati sono i più vari (ricerche, articoli storici, di letteratura, di critica, riflessioni su argomenti di carattere nazionale) e diventano lo spunto per la realizzazione di tanti libri scritti dallo stesso Lentini. Dal luglio del 2004, con la scomparsa delle macchine da scrivere, il Direttore è stato "costretto" a fornirsi di computer e così da allora, con la collaborazione del nipote Raimondo Lentini, il giornale viene realizzato con le nuove tecnologie, ma mantiene sempre la stessa veste editoriale e tipografica che il Direttore ama definire "artigianale". La rubrica delle lettere troverà una sua consolidata veste con corrispondenze da molti paesi d'Italia e con il titolo di "Lettere al direttore".
Nel numero di maggio del 2010 il Direttore comunica ai lettori una notizia che si rivelerà catastrofica per tutta l'editoria "no profit": Le tariffe postali per la spedizione de LA VIA dal 1° aprile sono state triplicate: per circa 2.000 copie spedite in Italia e all'estero son passate da € 145,86 in marzo a ben € 577,50 in aprile. Nel giorno in cui viene chiusa l'edizione del presente numero di maggio non c'è alcuna notizia di una regolazione postale più accettabile. Confidiamo perciò nella Provvidenza, che certamente interviene con qualche buona ispirazione ai nostri cari lettori.
Da allora gli appelli e il deficit si faranno sempre più allarmati e allarmanti tanto che negli anni successivi si inviteranno i lettori che possono farlo ad optare per la spedizione in digitale del giornale ed a offerte più consistenti, ma solo nel dicembre del 2012 si procederà ad alcuni tagli di spedizioni a persone che non hanno mai contribuito con offerte e si passa dunque da 2000 copie stampate a 1500 circa e solo 118 spedite per e-mail, ma le adesioni alla posta elettronica si incrementano ogni tanto. Per risparmiare ulteriormennte da dieci pagine si passa sei, cioè la prima e l’ultima stampate da un solo lato, mentre dalla seconda alla nona in entrambi le facciate. Successivamente si fanno altri tagli di indirizzi di persone che non hanno mai dato né segno di adesione e nemmeno contributi per sostenere la rivista.

Ogni anno nell'ultima pagina del numero di dicembre viene pubblicato l'indice generale di tutti gli articoli dell'anno, mentre nel mese di gennaio viene pubblicato il bilancio consuntivo dell'anno precedente.

I giornali nella storia di Ribera: I periodici degli anni '60

I periodici degli anni '60

di Raimondo Lentini

Con la nomina del sacerdote Gambino a direttore de "L'Amico del Popolo" aumentarono gli articoli che riguardavano Ribera in questo settimanale e quindi, probabilmente, non si è sentita più la necessità di informazione locale. Tra i corrispondenti riberesi ricordiamo l'avv. Nicolò Inglese, il prof. Vincenzo Cardillo, l'avv. Franco Messina e lo stesso direttore Gambino.
Negli anni '60 alcuni giovani studenti incominciarono a pubblicare periodici ciclostilati; nasceva così nel 1963 "Lo studente" che apriva il suo primo numero, del novembre 1963 (nel giornale non c’è la data, ma desumiamo dagli articoli), con la tragedia di Longarone dove il 9 ottobre 1963 il paese venne colpito dal disastro del Vajont. La strage, causata da una frana staccatasi dal monte Toc e precipitata nel bacino artificiale creato dalla diga di Vajont, provocò un'onda che scavalcò la diga e travolse il paese sottostante, distruggendolo e facendo 1.910 morti. Segue poi un articolo dal titolo "La guerra nucleare voluta dalla Cina", un altro di sport "Le milanesi del campionato", uno di spettacolo "Cosa fanno alla TV?", barzellette varie e un cruciverba. La redazione la si può leggere solo nel numero unico del dicembre 1963 ed è composta da due direttori responsabili: Giuseppe Marciante e Mario Cristallini, mentre i corrispondenti sono: Domenico Cibella, Aldo Terrana, Giovanni Castelli, Luigi Filippone, Matteo Tortorici e Caterina Monteleone; i collaboratori: Giuseppe Sorce, Giuseppina Sanfilippo e Teresa Ciancimino; disegnatore Jack Urso e segretario Giovanni Lupo.
Nell'agosto del 1964 esce il primo numero (Numero unico) di "Nuovi fatti". La direzione amministrativa del periodico era a Palermo in via Zisa 54, ma la sede redazionale a Ribera in corso Umberto 157, mentre veniva stampato presso la tipografia "Scuola Linotyp del Boccone del Povero" di via Pindemonte, 3 a Palermo.
I motivi della nascita del nuovo giornale vengono spiegati nell'editoriale a firma di Michele Natali dal titolo "In due parole perché è nato", estrapoliamo la parti più salienti:
"Per iniziativa di alcuni giovani riberesi è sorto il «Centro per lo sviluppo Economico-Culturale-Artistico-Sportivo», organo ufficiale del Centro è il periodico «Nuovi Fatti».
Questo foglio ospiterà liberamente tutti coloro che avranno qualcosa di nuovo da dire, e che chiaramente dal titolo lascia intendere le finalità da raggiungere.
Il periodico «Nuovi Fatti» è già un fatto nuovo per Ribera, ove le idee finora si sono perdute nell'aria in discussioni nei Circoli e nei bar; di natura il più delle volte polemiche, portati come si è a vedere nell'interlocutore il rappresentante o il simpatizzante di un partito politico che altro discorso non può fare se non quello capace di difendere, a torto o a ragione, il proprio «capataz». La finalità del periodico è quella di convogliare le idee di ciascuno in una pagina in cui, bandita la polemica diretta, che spesso porta a far dire ciò che non si pensa affatto di dire, troveranno spazio le meditazioni di chi si avvale di una esperienza e di una attività fattiva per il paese e l'aggressività e la spregiudicatezza di chi ha delle cose nuove da sottoporre all'attenzione degli altri. I giovani riberesi hanno manifestato la volontà di muoversi, la capacità di organizzarsi, ed è proprio a questo punto che necessitano dell'aiuto di tutti coloro che sono in grado di darlo: enti pubblici o privati, associazioni e partiti politici e tutti quanti, in una forma o nell'altra possono farlo. Gente nuova per fatti nuovi, insomma, e ci si augura solo che il movimento dei giovani riberesi non resti una bella idea, ma si concretizzi in realtà viva ed operante."
L'iniziativa del nuovo giornale era partita da Elio D'Amico (direttore responsabile) che coinvolse altri giovani. Sono usciti solo sei numeri dall'agosto 1963 al febbraio del 1965. Mentre La redazione è così composta: Mimmo Marchetta (direttore), Lillo Mannino, Franco Messina, Michele Natali, Salvatore Cacioppo, Nino D'Angelo, Giuseppe Valenti, Lillo Firetto, Neli Siracusa, Geck Scalia, Onofrio Triassi, Enzo Marrone, Nello Armenio, Filly Tortorici, Enza Artale, Margherita Lo Cascio, Laura Veneziano, Sebastiano Mulè, Fofò Cucchiara e Lillo Clementi. Si trovano nel giornale notizie locali, sportive, culturali, poesie, ecc.. Tra le altre firme di articoli culturali abbiamo notato quella del dottore Tommaso Riggio e del prof. Giovanni Farina.
Una rubrica interessante portava il titolo "Pari malu…" e  la firma del "fantasma di Alfonso Bracciodiferro" e vi si denunciavano le cose che non andavano in paese.
In una sua autobiografia il prof. Domenico Marchetta ci riferisce a proposito di questo giornale: «Il primo impegno giornalistico l'ho assunto stimolato da un gruppo di amici che volevano far nascere un periodico a Ribera. Così nacque "Nuovi fatti" (1964) che, ho saputo dopo, riecheggiava la testata di un giornale politico di cui non ero a conoscenza. Comunque "Nuovi fatti" divenne interessante in paese per una rubrica da me tenuta dal titolo "Pari malu" che trattava in modo critico, satirico e umoristico dei fatti e delle problematiche ambientali. Il titolo della rubrica mi era stato suggerito da una schietta e caustica persona: don Vincenzo Orlando, che tanti ricorderanno. "Nuovi fatti" durò solo qualche anno poiché di lì a poco fui chiamato in Sardegna per l'insegnamento.»



Il prof. Domenico (Mimmo) Marchetta

Stava terminando il decennio e Mimmo Marchetta era ritornato dalla Sardegna e a Ribera ci si stava preparando ad inaugurare la Biblioteca Comunale e in quell'occasione egli venne chiamato a dirigere un nuovo periodico "Trentagiorni". Infatti il primo numero, o meglio il numero unico, porta la data del marzo 1969 e la redazione è, naturalmente nella sede della Biblioteca nel corso Umberto al numero 32, ovverosia nella sua prima sede accanto al Municipio.
Ecco cosa dice nella sua autobiografia il Direttore di "Trentagiorni" a tal proposito: «Nello stesso periodo di "Nuovi fatti" mi sono impegnato per far nascere una biblioteca pubblica a Ribera. Il suggerimento mi venne dato da un intellettuale italo-americano, Tony Giacobbe, figlio di un riberese emigrato negli Stati Uniti. Tony si era stabilito a Ribera per un lungo periodo e siamo diventati amici. Siamo stati arricchiti dalle conoscenze culturali che lui aveva acquisito in America, sulla beat-generation, Jack Kerouac ed altri inquieti giovani intellettuali di quel periodo. Abbiamo tanto insistito nel chiedere una biblioteca fino a quando è nata nel 1969 con la prima sede nel corso Umberto accanto al Municipio. Con l'inaugurazione della Biblioteca è nato un altro giornale, "Trentagiorni" come organo della stessa Biblioteca e che è stato utile per incentivare in quella sede mostre di pittura, incontri culturali e politici, anche se il giornale non è durato a lungo.»
Il giornale uscì in tre numeri unici il primo con 7 pagine, come già detto, nel marzo, il secondo a maggio e il terzo a luglio del 1969, con 10 pagine; veniva stampato a Sciacca dalla tipografia "Saccense" e tra le firme degli articoli leggiamo: Franco Messina, Cesare Sermenghi, Gaetano Bonifacio, Damiano C. Leone e Salvatore Sanfilippo, Antonino Cremona, Agostino Spadaro ed altre firme con sigle e pseudonimi.


sabato 26 aprile 2014


I giornali nella storia di Ribera
Voce Amica
e gli anni ‘50
“Periodico religioso-sociale” diretto da don Emanuele Gambino, incarnò le forti tensioni del dopoguerra tra la Dc e il Pci
di Raimondo Lentini


Il quindicinale "Il Lavoratore", a quanto pare dai numeri che si sono potuti recuperare, ha chiuso i battenti con il numero di 268 del novembre 1919. Sembra che subito dopo questo quindicinale non siano nati nuovi periodici. Esistono comunque dei numeri unici occasionali pubblicati per eventi importanti. tra questi ricordiamo: "Lux" il 9 febbraio 1922  per il 25° di sacerdozio di mons. Nicolò Licata, in sei facciate; "Il Trionfo" il 1° maggio 1926 per il completamento del nuovo campanile della Chiesa Madre, in quattro facciate; "L'Inaugurazione" il 10 maggio 1926 per descrivere i festeggiamenti per il nuovo campanile, in due facciate; ecc.. La mancanza di altri giornali dopo il 1919 probabilmente si deve all'ascesa al potere del Fascismo che con ferree leggi censorie scoraggiava soprattuto l’uscita di periodici locali.
Nel 1933 mons. Licata lasciava Ribera e veniva trasferito come arciprete-ciantro a Sciacca, sua città natale, mentre a Ribera subentrava don Pietro Castellino (in pieno periodo fascista).
Per la nascita di un altro periodico a Ribera bisogna aspettare il 1948, quando cioè finisce la Seconda Guerra Mondiale e viene trasferito da Agrigento a Ribera il sacerdote don Emanuele Gambino. Questi era nato a Ribera il 9/2/1916 da Giuseppe e da Giuseppa Tortorici. Venne ordinato sacerdote il 29 giugno 1939. Come primo incarico venne destinato alla chiesa di S. Michele di Agrigento dal 1940 al 1944, e quindi parroco della chiesa B.M.V. Immacolata di Ribera dal 1944 al 1957. Nel 1943 si era laureato in Lettere presso l'università di Palermo con una tesi su Fra’ Felice da Sambuca pittore del XVIII secolo. 
Dopo tre anni di permanenza a Ribera si rivelano le sue doti di giornalista e scrittore. Infatti nel 1947 fonda il giornale "Amerai" che, nel 1950 prende il nome di “Voce Amica”. Contestualmente alla nomina a canonico della Cattedrale di Agrigento, nel 1956, viene chiamato ad Agrigento per dirigere il nuovo giornale diocesano “L’Amico del Popolo” (dal 1955 al 1963). Nel 1964 viene chiamato a Palermo per volontà dell'allora cardinale Ruffini per dirigere, insieme al vescovo Giuseppe Petralia il giornale "Voce Cattolica" e ciò fino al 1967 e, dal 1968 al 1969, diventa direttore di "Voce nostra". A causa di problemi avuti con i superiori nel 1971 ottiene la dispensa a contrarre matrimonio, quindi si sposa a Roma il 31/1/1972 con Maria Luisa Crolla. Muore a Palermo il 21/3/1984.
Nicolò Inglese a proposito di “Voce Amica” così si esprime nella sua "Storia di Ribera": "Un foglio quindicinale «Voce Amica» diretto con intelligenza dal sacerdote Emanuele Gambino, si fece subito notare per la chiara esposizione dei problemi e trovò larga diffusione negli Stati Uniti d’America, fra gli emigrati riberesi."
La sede amministrativa del giornale era nel corso Margherita n. 34, l'offerta annua per l'abbonamento era di 200 lire, mentre una copia costava 15 lire e si definiva un "Periodico religioso-sociale". Era un periodo molto “caldo” il dopoguerra e la lotta tra la DC e il PCI era molto intensa e nel giornale traspare questa tensione anche leggendone solo alcuni titoli: La colomba senza ulivo e il pacifismo guerrafondaio dei comunisti, Miracoloso evento nel comune di Ribera (caduta del Consiglio Comunale e del sindaco Mascarella comunista), La verità ai comunisti riberesi - Stalin si veste da cappuccetto rosso, Bilancio fallimentare? - Anche i topi rosicchiano le radici del comunismo riberese!, Così i rossi aiutano i sinistrati - Sei comunisti rubavano gli indumenti degli alluvionati, Chiede la tessera DC un segretario comunista, La verità alla luce dei fatti - I comunisti riberesi amministrano il Comune curando esclusivamente gli interessi propri e del Partito contro quelli dei cittadini, Irreperibilità riberese: Posti comunali a comunisti, Per chi sogna ad occhi aperti il paradiso comunista, Un problema di bonifica morale: Una sincera diagnosi del comunismo riberese, Enigmatico ed illogico il comunismo riberese - i suoi dirigenti sono tutti atei e agiatamente borghesi, Amletismo comunista riberese - "Essere atei nel nostro partito è motivo di orgoglio perché i veri comunisti sono atei”. Questi solo alcuni titoli, poi l’attacco continua su “L’Amico del popolo”.
Il giornale ha delle rubriche fisse come: “Cofanetto floreale” con nascite, matrimoni, fidanzamenti, morti, lauree ed altri eventi; un taccuino di notizie in breve di Ribera e paesi vicini; poesie; ogni tanto si pubblicava il movimento demografico; il sacerdote Palminteri aveva iniziato a pubblicare a puntate la storia di Ribera che restava incompleta per la sua sopravvenuta morte; articoli sull’agricoltura; sull’attività della società S. Vincenzo de’ Paoli; sport; ecc..
Il sacerdote don Emanuele Gsmbino fondatore di "Voce amica"




“Voce Amica” chiude nel suo ottavo anno di vita con il numero 9-10 del 23 Ottobre 1955 e con questo editoriale il Direttore si congeda dai suoi lettori:
DOPO OTTO ANNI 
Dal mio tramonto risorgerò più bella e canterò sempre l'amore!...
Nacqui nel 1947 col canto decembrino di ninna-minna. Fui portata a battesimo con un nome bello ma severo quasi imperativo categorico:  «Amerai!» 
Era il mio programma, il viatico del mio cammino. Crescevo a vista d'occhio: entravo birichina e disinvolta dovunque: in ogni focolare riberese ero la gentile messaggera d'amore. Culle fiorenti di bimbi, zagare di sposi novelli, gioie e lutti, fasti e nefasti trovavano in me il loro nido, la loro voce riberese per i riberesi vicini e lontani, 
Duttile strumento della pulsante vita di Ribera, ne scrutavo i gemiti e le istanze, ne gridavo forte i problemi, ne rivendicavo imperterrita i diritti.
Fedele ministro della carità vincenziana, ne moltiplicavo le opere di bene per la povera gente, 
Avevo ancora i dentini di latte e già cantavo possente l'amore.
Dai torchi della Tipografia riberese, ove quindicinalmente in piccola veste rinascevo alla luce, fui portata lontano a respirare le brezze prealpine del nord e dalla Linotype di Alba rinacqui più grande a novella vita.
Ero al secondo anno di vita e fui ribattezzata. Coi primi albori del 1949 fui chiamata «Voce Amica»
Scaturivo da un imperativo d'amore, restavo sempre una banditrice d'amore, diventando la «Voce amica», sempre dolce, nostalgica, quasi la voce di mamma, 
E l'eco della mia Voce si diffondeva con un raggio sempre più vasto.
La cerchia dei miei Lettori di Ribera divenne troppo angusta.
Mi avventurai lontano, oltre il Verdura, il Magazzolo e il Platani, oltre Agrigento, oltre lo Stretto, oltre le Alpi, oltre gli oceani: li pescai quasi tutti i miei Ribereei, sparsi sulla faccia della terra.
E da riberese, mercé la fervida solidarietà dei miei Lettori, sono oggi diventata nientemeno ... intercontinentale. 
La mia Voce, non bianca, non rossa né nera, ma incolore come la luce, come la verità, ha echeggiato sempre limpida chiara nostalgica come la genuina voce di Ribera. 
Dolce come l'aroma dei suoi agrumeti, fragrante come i fiori delle sue aiuole, tersa come il cobalto del suo cielo, ma forte come la pietra delle sue cave.
S'è elevata libera e suadente al di sopra delle grida della fazione e della menzogna, vigile alfiere che mai ammaina la sua bandiera. 
Sempre pronta a deplorare l'errore senza offendere l'errante, a flagellare il vizio senza opprimere il vizioso, ad aprire il dialogo anche polemico ma sul solco della verità. 
Ho conosciuto le ore trepide della battaglia, come pure quelle gioiose della vittoria; ho riscosso il plauso dei buoni, come anche il biasimo incosciente degli abulici tessitori del compromesso o l'odio implacabile dei cattivi, che incauti mi han condotto al tribunale.
Al mio passaggio è fiorito sempre il canto dell'amore sulle note frementi del divino inesausto Donatore d'amore.
Ma al tramonto dei miei otto anni, scanditi sul ritmo gagliardo della lotta contro l'odio e l'errore con la lancia dell'amore e della verità sempre in resta, un terzo prossimo battesimo mi chiamerà col fatidico nome: «L'Amico del popolo». Non più mensile, ma settimanale, non più riberese, ma agrigentina, pur non cessando di essere riberese. Più grande, più bella, più efficiente, sempre col mio canto di amore fervido ed operoso per il Popolo, da cui provengo e a cui ritorno, sarò sempre la VOCE AMICA“
Negli anni ’50 venne fatto dal "Club Cappelli di Paglia" un tentativo di far nascere un periodico: "Il sacco di Eolo". Nella sede di questo Circolo incorniciato e appeso alla parete si trova la prima pagina del primo numero dove si legge: "Culturale Sportivo Sociale - Anno 1, N. 1 - Ribera 16 Marzo 1952 - Un numero L. 30". I titoli degli articoli di questa pagina sono: "Prologo", "Gioventù svegliati!!" e "Problema dei giovani", gli articoli dovevano continuare in quarta pagina ma questa è solo la fotocopia della prima pagina, gli attuali soci del circolo non sanno se ci sono stati altri numeri e nemmeno dove si possono reperire. 
I giornali nella storia di Ribera
Il primo fu, nel 1907,
“Il Lavoratore”
Lo pubblicò don Nicolò Licata come «portavoce alto e squillante delle associazioni e del movimento cattolico del circondario, l’interprete fedele e affettuoso dei lavoratori della terra...»
di Angela Gulino e Raimondo Lentini 

La necessità di diffondere notizie è probabilmente antica quanto l'uomo, almeno da quando ha cominciato a comunicare con la parola prima e con la scrittura poi. Quando il passaparola non era più sufficiente si utilizzarono persone atte al bisogno che furono i cosiddetti "banditori". Questi con trombe o tamburi attiravano l'attenzione delle persone e poi comunicavano, o previa lettura o a memoria, il bando che spesso comunicava notificazioni del signore locale o dell'amministrazione, ma anche, a volte, pubblicizzava qualche novità di qualche bottega.
Ma veniamo alla carta stampata. Le prime gazzette a stampa, settimanali e quindicinali, si diffondono all'inizio del Seicento e coesistono a lungo con gli avvisi e i fogli di notizie manoscritti, mentre il primo quotidiano della storia viene pubblicato a Lipsia nel 1660, la testata del quotidiano è: "Notizie fresche degli affari della guerra e del mondo". Comunque il 1702, anno di fondazione del quotidiano Daily Courant di Samuel Buckley viene considerato anno d'inizio del giornalismo moderno. Mentre l'età d'oro del giornalismo è il periodo che va dalla seconda rivoluzione industriale all'invenzione di nuovi media tipici della terza rivoluzione tecnologica. Viene chiamata età d'oro perché il giornalismo, grazie all'introduzione della rotativa e del telegrafo, allo svilupparsi delle agenzie di stampa vede in questo periodo una straordinaria diffusione in termini qualitativi e quantitativi. La stampa abbatte le barriere legate alla distanza, consentendo agli uomini di avvicinarsi, divulgando culture varie come usi e costumi e, soprattutto, orientando l’opinione pubblica in ogni settore, da quello politico a quello privato. Siamo quindi nella prima metà dell'800.
A Ribera la carta stampata arriva solo un secolo dopo e cioè nel 1907 con il periodico IL LAVORATORE di Don Nicolò Licata, il cui numero 0 era uscito il 17 Agosto 1902 a Sciacca. Il trasferimento di monsignor Licata a Ribera, portò con sé anche questo importante organo di stampa del movimento cattolico. Sotto la testata si leggeva: “organo delle associazioni cattoliche del circondario e degli emigrati”.



L'Arciprete Nicolò Licata

Il sacerdote Francesco Paolo Chiaramonte


L’editoriale, spiegava le ragioni e gli obiettivi del nuovo periodico:
"Mancava, qui, un giornaletto cattolico che fosse l'eco pronta ed integra dei bisogni nostri, il portavoce alto e squillante delle associazioni e del movimento cattolico del circondario, l'interprete fedele e affettuoso dei lavoratori della terra e del mare, e principalmente di quei fratelli nostri i quali, in terre straniere, sudano e piangono per guadagnarsi un tozzo di pane che la madre patria ha loro negato. Ed ecco che noi scendiamo modestamente in campo, desiderosi di sopperire a questo bisogno. Siamo un gruppo di sacerdoti e di laici, di anziani e di giovani, ma tutti infiammati dello stesso ideale, tutti vibranti dello stesso amore".  
Gli articoli non erano firmati, ma si sa che la maggior parte erano scritti da don Licata.
Direttore del giornale era padre Licata, Redattore Capo: Nicolò Venezia, gerente responsabile: Luigi Riggi. 
Il Lavoratore aveva una periodicità quindicinale ma durante la guerra del 1915-1918 divenne mensile. Altri periodici fondati o ispirati all'attività di don Nicolò Licata furono: La Sentinella, (Ribera 1908), La Nuova Crociata (Ribera 1909), La Buona Parola (si pubblicò dal 1913 al 1917, settimanale, in oltre 10.000 copie; ci rimane solo un numero del 1917), Il Trionfo (Ribera 1-5-1926, numero unico), L'Apoteosi (Ribera 27-9-1907, numero unico), La Riscossa (Ribera 19-9-1913, numero unico), Lux (Ribera 9-2-1922, numero unico), Verso la luce (Ribera 1-9-1907, numero unico).  
Il quindicinale di don Licata, metteva a fuoco i problemi di Ribera, quali: acqua e fognatura, ospedale, misure igieniche contro il colera, nuova facciata della Chiesa Madre, cimitero, linea ferroviaria, ecc.. 
Una rubrica fissa del lavoratore era intitolata Forbiciando

Il 18 gennaio 1919 nasceva a Roma, il partito Popolare Italiano con a capo don Luigi Sturzo. Primo segretario provinciale di Agrigento fu l’arciprete Nicolò Licata. Intanto Il Lavoratore si pubblicava a mesi alterni e nel novembre dello stesso anno si arrivò all’ultimo numero. Sul frontespizio si leggeva: Anno XVII, Sciacca-Ribera, Novembre 1919, numero 268.

lunedì 6 gennaio 2014

Henry Swinburne a Ribera
di Raimondo Lentini

Henry Swinburne, Efq. by Travel in the two Sicilies, the year 1777, 78, 79 and 1780 - The second edition - Vol. III - London printed by J. Nichols for T. Cadell, and P. Elmsly, in the (Or)strand (?) - MDCCXC (Biblioteca Storia Patria - Palermo - Fondo Pitré)

Henry Swinburne nacque in Inghilterra, nella città di Bristol, l’8 luglio 1743, da una nobile famiglia di religione cattolica. Studiò a Parigi, Bordeaux, e presso l’Accademia Reale di Torino, dove si dedicò agli studi della letteratura e dell’arte, acquisendo una buona padronanza della lingua italiana. Viaggiò molto per l’Europa, ma soprattutto famosi sono i suoi viaggi in Spagna e nel Regno delle Due Sicilie, che descrisse in due opere che hanno avuto molta fortuna: Travels through Spain, 1775 and 1776, pubblicata in Inghilterra nel 1779, e Travels in the two Sicilies, edito a Londra, la prima volta, nel 1783. La sua passione per i viaggi e per i luoghi esotici lo spinse fino a Trinidad, nelle Antille, dove si era recato con l’incarico di vendue-master, e ivi morì nel 1803 per un colpo di sole, all’età di sessant’anni, lasciando ben dieci figli. - See more at: http://www.viaggioincalabria.it/luogo/provincia-di-reggio-calabria/gerace/di-sera-mi-accodai-alla-folla/#sthash.8ECJUByE.dpuf
È opinione comune che la nostra isola nei secoli passati sia vissuta in completo isolamento dal resto dell'Europa, ma la cosa al dire dello storico Santi Correnti (La Sicilia del Settecento) non corrisponde al vero. Per quanto riguarda, ad esempio, il "turismo" l'Italia e la Sicilia ebbero tra il 600 e l'800 molti visitatori illustri che spesso narravano in diari, appunti e spesso in libri, i loro avventurosi viaggi e descrivevano gli ambienti, le città, i monumenti, le chiese, gli usi e i costumi dei popoli e dei centri che visitavano. come non ricordare tra questi ricordiamo gli inglesi: John Dryden (1701), Georges Berkeley (1713), Richard Rawlinson (1724), John Brewal (1725), Thomas Hobwart (1730), William Hemilton (1769), Patrick Brydone (1770), Charles Henry Swinburne (1777), Richard Payne Knight (1777), Brian Hill (1791), Ellis Cornelia Knight (1799); tra i tedeschi ricordiamo: Giorgio Walter (1624 e 1630), Giuseppe Hermann von Riedesel (1740-1785), G. G. Winkelmann (1767) ed il più noto Wolfgang Goethe (1787); nonché un notevole numero di viaggiatori francesi, africani, del nord Europa ed italiani. Spesso questi si fermavano nei grossi centri, ma altre volte toccavano anche i paesi più piccoli, ma non meno noti, come Sciacca, Licata, ecc.. Ribera non rientrava certo fra gli itinerari "turistici" dell'epoca dal momento che non era nota e importante in nessun modo (tra l'altro ancora non era la patria di Francesco Crispi), infatti possiamo dire che non venne mai visitata appositamente da questi noti e meno noti turisti, quindi non è stata descritta nei suoi usi e costumi da nessuno, nemmeno dai riberesi stessi dei secoli passati.
Per un fortuito caso il destino volle, comunque, che un viaggiatore inglese sopra citato, Henry Charles Swinburne, mentre stava per andare da Sciacca ad Agrigento, a causa di un temporale improvviso il fiume Magazzolo si ingrossava pericolosamente, quindi il buon senso suggeriva di alloggiare nel centro più vicino. Era il gennaio dell'anno 1778 e la comitiva composta dallo stesso, da due servitori, un mulattiere e un soldato appartenente al corpo del Real Capitan come scorta, decideva di fermarsi a Ribera. Egli, nelle sue tappe, alloggiava quasi sempre in case private.
Lo Swinburne descriveva tutto il viaggio fatto in quegli anni in un'opera in quattro volumi pubblicata nel 1790 in seconda edizione dal titolo "Travel in the two Sicilies, the year 1777, 78, 79 and 1780", di cui ha parlato anche il prof. Giovanni Farina nel suo unico volume pubblicato nel 1979 "Ribera e il suo territorio", non citando, comunque, la fonte bibliografica, ma riportando soltanto la notizia e la traduzione di alcuni passi che riguardano Ribera e siccome lo Swinburne non riferisce il nome della famiglia che lo ha ospitato, anche il Farina non si preoccupa di ricercarlo.
Noi, dopo aver fatto le relative ricerche, siamo riusciti a trovare il titolo dell'opera, nonché la medesima presso la biblioteca della Storia Patria di Palermo ed anche la famiglia ospitante.
Lo Swinburne così descrive Ribera nel capitolo del terzo volume intitolato "Journey to Girgenti" e nella sezione 37ª dal titolo "Ribera - Language of Sicily" (la sezione 35ª e 36ª è dedicata a Sciacca) e a pag. 393 e seguenti:
«Dopo aver cavalcato dieci miglia, io salii su una collina coperta di viti, verso Ribera, un grande villaggio o borgo di 3800 case costruite regolarmente, ma in modo misero, soltanto quelle dei ricchi avevano il primo piano, mentre quelle dei poveri avevano solo il piano terreno. Questa maniera di costruire sembra essere stata adottata per prevenire gli effetti letali dei terremoti.
Il centro fu fondato nell'anno 1633 da Luigi Moncada principe di Paternò, che gli diede il nome della famiglia della seconda moglie, figlia del Duca di Alcalà.
Fui ricevuto e alloggiato nella casa di una anziana baronessa vedova (Luisa Cuffaro vedova del barone Girolamo Turano Campello originaria da Cammarata e morta a Ribera il 6/12/1779) che viveva col figlio e la nuora (il barone Serafino Turano Campello sposato a Bivona l'11/9/1773 con la baronessa Benedetta Napoli e Savatteri e morto il 28/11/1778 a Ribera), la quale prestò molta attenzione alla lettera che avevo portato dai loro amici di Sciacca.»
Questo è ciò che tralascia di dire il Farina, che inizia riferendo quanto segue:
«La stanza in cui cenammo era una comune camera, ma il cibo fu abbondante e buono. Sul principio le cerimonie dominarono la riunione in modo imbarazzante: nessuno della compagnia voleva assaggiare niente, se prima io non servivo loro e me stesso, con le mie mani. Non ero al corrente di questa costumanza: ritengo che sia fondata sull'idea che tutto nella casa sia stato donato all'ospite e gli appartenga, e che pertanto e da lui che si deve ricevere ogni cosa… («Non appena scoprii la ragione della loro astinenza, io cercai di rimediare alla mia ignoranza servendo ogni persona con prontezza ed abbondanza, le signore accettarono qualsiasi cosa fosse offerto, ma avendo consumato il loro pasto serale prima del mio arrivo, lo lasciarono sui loro piatti non toccato.» Questo periodo era stato omesso dal Farina.) In breve tempo diventammo più socievoli e la conversazione cominciò a svolgersi familiarmente.
Nella loro maniera e in dialetto (strano), mi fecero molte dichiarazioni di sincero benvenuto e di soddisfazione per la mia visita alla loro città, risposero a tutte le mie domande con molta franchezza e buon senso, e mi intrattennero con molti curiosi aneddoti sui famosi banditi che qualche anno fa infestavano questa parte della Sicilia.
Il maggiore fu Testalonga di Pietraperzia (nel testo originale: Testagrossa di Butera), che con ventiquattro compagni impose taglie all'intera contrada: era un gruppo di miscredenti sanguinari che perpetrarono orribili barbarie sui disgraziati incorsi nella loro inimicizia che cadevano nelle loro mani. A costoro si erano poi unite due altre compagnie di ladri, molestando così l'intero territorio.
Il principe di Butera che aveva deliberato di annientare questi gruppi di malviventi, prese finalmente misure così efficaci che tutta la banda fu presa e messa a morte con le più atroci torture che fosse possibile escogitare.»
Dopo ciò lo Swinburne, notando la difficoltà avuta per comprendere il dialetto locale, fa una dissertazione sulla lingua siciliana dicendo tra l'altro:
«Ciò richiese uno sforzo notevole di attenzione per seguire il filo di questi racconti. quando il giovane uomo parlava (il barone Serafino Turano Campello) io capivo abbastanza facilmente il significato del discorso, mentre le donne parlavano con molta più durezza e rapidità e il loro linguaggio e pronunzia era molto più confuso e rozzo che io rimasi spesso molto perplesso. Questo dialetto è così corrotto dall'idioma toscano, ma non vicino così tanto come il volgare napoletano. La lingua più antica parlata in questa isola, della quale molte tracce sono rimaste, era il fenicio, che esiste su molte iscrizioni, ma non abbiamo nessun documento o anche idea della lingua usata dai Siculi o altri precedenti popoli della Sicilia. Il greco fu anche introdotto…»
Fin qui niente aveva meravigliato lo Swinburne, ma al momento di ritirarsi nella camera da letto fu talmente meravigliato che così riferisce:
«Per ritornare alla mia compagnia con cui trascorsi parecchie ore in una conversazione divertente, fino a quando un servo ci annunciò che era ora di ritirarsi.
Rimasi colpito quando fui portato in una magnifico stanza arredata in modo molto più ricco e splendidamente di qualsiasi altra stanza che io avevo visto fino a quel momento in Sicilia. Il pavimento era di mattonelle smaltate dipinte con le armi della famiglia, il baldacchino era dorato, i mobili tapezzati di finissimo damasco, le finestre avevano grandi vetrate veneziane e sui muri, stuccati e colorati a tempera, vi erano appesi specchi veneziani.
I miei servi erano trattati con tale liberalità che passarono metà della notte a esaltare l'ospitalità dei nostri buoni amici».
Lo Swinburne ebbe modo di conoscere anche un bambino di quasi due anni che era il figlio dei coniugi Turano e cioè il baronello Girolamo che era nato a Sciacca il 16 maggio 1776 il quale nel 1797 sposerà a Canicattì donna Giuseppa Gangitano e Grillo, e che diventerà sindaco di Ribera dal 1829 al 1834. Nel 1798 si era investo anche della baronia di Suttafari. Rivoluzionario di idee affini agli enciclopedisti francesi, nel  1799 veniva condannato a morte dal governo borbonico, ma la sentenza non veniva mai eseguita perché il Turano si nascondeva per nove anni nella cisterna del suo palazzo. Riabilitato, in seguito, partecipava attivamente alla vita sociale, politica e religiosa del paese. Moriva a Ribera il 20 novembre 1839.

(Per la traduzione dei testi dall'inglese all'italiano si ringrazia la signorina Daniela Vella)
Momenti di vita locale, n. 270
Il salvataggio del brigadiere a cavallo
Cronache riberesi del secolo scorso: 27 dicembre del 1872, Verdura in piena
di Raimondo Lentini

Vi sono tanti avvenimenti storici e microstorici che spesso col passare del tempo vengono dimenticati se non scritti nei libri, poiché anche se riportati dai giornali normalmente questi, dopo essere stati letti, vengono cestinati, mentre il libro ha più speranze di resistere al tempo e quindi venir letto anche dopo parecchi anni. Tra questi piccoli avvenimenti locali ne abbiamo trovati alcuni nelle delibere di Ribera dello scorso secolo che oggi vogliamo riportare nelle cronache di un giornale, ma che in seguito speriamo di riportarli in qualche nostro libro. Per evitare di dare giudizi nostri, ci bastano già i punti di vista di parte di chi ha vissuto tali eventi, trascriviamo le delibere e i relativi atti di appoggio ad essa.
La prima storia di cui trattiamo è avvenuta il 27 gennaio 1872 nel fiume Verdura ad un vice brigadiere dei carabinieri certo Andrea Ferraro della stazione di Sciacca, che mentre si stava recando in missione a Ribera gli toccò di attraversare tale fiume in piena. 
Con Deliberazione della Giunta Municipale di Ribera del 9 gennaio 1873 n. 2 avente ad oggetto "Gratificazione ad individui per salvare il Vice Brigadiere Sig. Ferraro Andrea dalle acque del fiume Verdura", la Giunta Municipale convocatasi, per cura del Signor Sindaco, con l'intervento degli Assessori Carmelo Castelli, Salvatore Vesco Mosca, Giuseppe Dr. Gueli e con l'assistenza del Segretario del Comune Salerno Sebastiano, si discuteva dell'avvenimento per proporre il riconoscimento alle persone che salvarono il brigadiere. Allegata alla delibera vi è la relazione-istanza con cui venivano descritti i fatti al Sotto-Prefetto di Bivona:
«Ribera, 1 Gennaio 1873
La notte del 26 precorso Dicembre ad aggiornare il 27 detto copiose pioggie cadute nei lontani monti e nel territorio di Ribera affluivano le acque nel fiume Verdura in tale abbondanza da renderne spettacolosa la vista. Alle ore 12 meridiane di tal giorno spuntava nella sponda di esso fiume, presso il mulino cosidetto di Torre vecchia, il Vice Brigadiere a cavallo Sig. Ferraro Andrea con un carabiniere che lo seguiva, appartenenti alla stazione di Sciacca per recarsi in questa comune per affari di servizio. Giunti in tal punto, pressati forse dal bisogno d'adempiere ad un proprio compito, non conoscendo la veemenza e l'abbondanza dell'acqua di quel fiume, si diedero per valicarlo. Non appena entratovi il suddetto Vice brigadiere, volge a capitombolo col cavallo, e rotolando come un sasso percorse da presso a mezzo kilometro di via trasportato dalla furia di quell'acque. Ma Dio che salva i giusti, non tardò a metter in salvo l'infelice gettandolo in una ripa che lo stesso fiume avea formata. Era spettatore di questa sciagura Onofrio Lo Piccolo pecoraio di Ribera, il quale trovavasi nell'opposta sponda, guidando delle pecore e senza remora di tempo vola nel vicino comune Ribera, e reca tosto tal triste novella al Sindaco titolare Sig. Parlapiano Dr. Antonino, e questi con quel zelo che lo distingue, e con lo spirito umanitario che non ha pari, in un batter d'occhio raduna taluni pratici d'acqua con delle funi, ed altro abisognevole, e subito li fa correre in quel punto, ove l'anima sgraziata attendevali con i battiti del cuore, ed il tremito cagionato dal freddo e dallo spavento.
Colla rapidità del baleno giunsero colà
1. Paolo Firetto fu Antonino
2. Nicolò Riggi fu Carmelo
3. Carmelo Randazzo fu Giovanni
4. Giovanni Montalbano fu Pellegrino
e di seguito
5. Gaetano Parlapiano fu Giovanni
6. Paolo Matina fu Giuseppe
7. Gioacchino Siggia fu Domenico
i quali primi quattro individui con un coraggio non comune, e col petto di leoni, si lanciano in quell'ammasso d'acque, sfidando la morte.
L'onda li abbatteva e ribatteva, e stanvansi per riedere, ma dandosi pure all'acqua gli ultimi tre con la gara che possa mostrarsi in una giostra, continuarono la corsa e fu loro ben fatto di giungere nel punto ove il derelitto Brigadiere con gli occhi spalancati e lo squallore di morte l'attendeva. Fu il Riggi che come destriero alla corsa il primo toccava le bagnate membra dell'infelice e gli altri di seguito arrivavano, se l'han posto nel centro e venne loro ben fatto di trarlo al salvo, non lasciando ingoiare dalle acque nianco il mantello.
Di tal fatto in Ribera se ne parlava ovunque, credendo il gramo Brigadiere naufragato; ma quando ad un tratto si vide il medesimo spuntare a cavallo con un stolo di persone, fra i quali il Luogotenente di linea in questa distante Sig. (omesso nel testo) con un Carabiniere di questa stazione Sig. (omesso nel testo) che pure s'erano colà recati sul luogo del successo caso, una generale commozione si sentiva, e se ne rendevano gli encomi al benemerito Sindaco.
Io perciò a vista di sì singolare slancio volendo che la bravura di un'onesto cittadino venisse compensata perché possa simil fatto venire incitato nell'evenienza del caso, uso pregare l'Ill.ma S.S. perché voglia proporre al Sig. Ministro dell'Interno una condegna gratificazione in vantaggio dei predetti sette individui, non esclusa la persona del Lo Piccolo principale attore di tale scena, e nel contempo fregiarsi i medesimi d'una medaglia che li distindua dal consorzio sociale.
Con questa fiducia nutro speranza che il mio desiderio verrà appagato, e per tanto ve ne so grado, grazie anticipate.
Il Sindaco ff.»
Segue poi, a distanza di due mesi dalla delibera, la ricezione del denaro fatta dai protagonisti del fatto:
«Ricevuta di denaro
Ribera 7 Marzo 1873
Noi qui sottoscritti Carmelo Randazzo, Gaetano Parlapiano, Nicolò Riggi, Giovanni Montalbano, Paolo Firetto fu Antonino, Paolo Mattina, e Gioacchino Siggia domiciliati e residenti in Ribera, dichiariamo aver ricevuto la somma di lire venti per cadauno a titolo di gratificazione accordataci dal Regio Ministero, per lettera del 17 Febbrajo precorso, per aver salvato dalle acque del fiume Verdura il Vice Brigadiere dei Reali Carabinieri a Cavallo Ferrari D. Andrea; e per cautela rilasciamo il presente per gli effetti che convengono diciamo in complesso £. 140.
Segno di + Carmelo Randazzo
F.to Gaetano Parlapiano
Segno di + Nicolò Riggi
Segno di + Giovanni Montalbano
F.to Paolo Firetto
Segno di + Paolo Mattina
Segno di + Gioacchino Siggia
(segue autentica firme)
Il Sindaco
Salvatore Vesco Mosca»

Abbiamo rivissuto un evento svoltosi ben 120 anni fa' che certamente oggi nessuno può ricordare, ma è certo che i nipoti viventi dei protagonisti possono gloriarsi di avere avuto un avo così coraggioso e capace di tali atti valorosi.