La musica a Ribera: La banda dei Cinà
di Raimondo Lentini
parte quinta
Antonino Cinà di Giuseppe Antonio (1888-1958) |
Atto di costituzione della banda Cinà banda not. Baldassare Leotta 5.2.1882 |
Ma torniamo alla banda di Ribera. Subito dopo l’esame e la nomina a direttore della banda di Ribera e cioè, il 5 febbraio 1882, il maestro Cinà ed altri riberesi si sono recati dal notaio Baldassare Leotta a mettere per iscritto la costituzione della banda. Erano presenti da una parte: Giuseppe Antonio Cinà di Antonino e Filippo Piazza fu Tommaso; e dall’altra:
Antonino (clarino) fu Antonino e Pietro Cinà (bombardino) di detto Antonino,
Domenico Zambuto fu Baldassare,
Giuseppe Cicirello (genis si bemolle) di Domenico,
Gioacchino Carubia (elicon si bemolle) fu Girolamo,
Vincenzo Sarullo (basflicorno) fu Michele,
Antonino Petitti (piatti) di Francesco,
Matteo Farulla (genis si bemolle) fu Giuseppe,
Giuseppe Taglialavore (trombone) fu Gaetano,
Giovanni Sparacino (clarino) di Salvatore,
Carmelo Bongiovì (genis mi bemolle) di Alberto,
Vito Campione (genis mi bemolle) fu Calogero,
Carmelo Mangiacavallo (elicon mi bemolle) di Pietro,
Alberto Streva (trombone) fu Calogero,
Gaspare Colletti (grancassa) di Pasquale,
Giuseppe Mandese (tamburo) di Antonino, tutti calzolai,
Pasquale Ciancimino (biucolo) fu Luigi muratore,
Ignazio Marino (genis si bemolle) fu Alfonso falegname,
Pietro Sarullo (elicon si bemolle) fu Michele tagliapietra,
Antonino Guastella (tamburo) fu Domenico e Luigi (trombone) suo figlio,
Stefano Sarullo (quartino) fu Michele e Michele (genis mi bemolle) suo figlio cernitori,
Giuseppe (clarino) e Francesco Sparacino (ottavino e terzino) di Salvatore pastai,
Stefano Sarullo (biucolo) di Alfonso,
Francesco Sabella (clarino) fu Alfonso,
Francesco Cimino (clarino) fu Giuseppe calzolai.
Seguono poi i vari articoli a cui si dovevano assoggettare i componenti la banda. La durata del contratto era stata stabilita in sette anni. All’articolo 10 si legge che la banda doveva suonare senza compenso in tutte le feste municipali, le domeniche e “feste occorrenti nel corso di ogni anno al piano del Duomo.”
Delibera n. 7 del 26-3-1882 |
Costituita la banda, nominato il direttore della stessa, il Comune doveva procedere all’acquisto delle uniformi e così con 1882 Delibera del Consiglio n. 7 del 26-3-1882 si procede alla bisogna:
“Considerando che l’istituzione di una banda in un paese di 8000 abitanti è di assoluta necessità servendo ad ingentilire i costumi, a dare sollievo e conforto nei giorni festivi a chi lavora per tutta la settimana. Considerando che la spesa delle uniformi è la conseguenza legittima della formazione della banda, poiché senza d’esse non potrebbe essere chiamata a suonare nei paesi vicini. Considerando che la banda musicale è obbligata a suonare gratis in tutte le feste civili e religiose fatte dal Comune ed è indecoroso per l’amministrazione che essa sia sprovvista di uniformi… per alzata e seduta unanimamente delibera di autorizzare la giunta municipale a spendere lire tremila per le uniformi della banda…”.
Il maestro Castagna, dicevamo, non aveva partecipato al concorso perché molto risentito con l’amministrazione per il cambio di rotta che aveva avuto dopo soli due anni dalla sua nomina a direttore della banda. Così alla pubblicazione della delibera sull’acquisto delle uniformi sottoscrisse, insieme ad altri, una opposizione dove vennero spiegati alcuni motivi (sicuramente quelli “ufficiali” mentre i risentimenti personali non li sapremo mai), opposizione che riportiamo integralmente:
I sottoscritti elettori e contribuenti di questo Comune, adempiendo al proprio dovere, fanno opposizione al poco equo deliberato consiliare del 26, ora decorso marzo, perché biasimevole sotto ogni riguardo, come sarà rassegnato alle competenti autorità, ed inapprovato, per le seguenti ragioni:
1°. Perché l'anzidetto deliberato è stato a bello studio fatto appunto, allora quando la maggior parte prediletta ed interessante dei consiglieri trovavasi assente dal comune, dai quali consiglieri la cittadinanza poteva solamente attendersi una sennata ed energica opposizione, intesa a sostenere la reclamata economia della cassa comunale, oggi mai troppo derelitta, tante spese non urgenti ed indebitata per la costruzione di tre strade.
2°. Perché premesse anzidette ragioni, ne consegue, che i consiglieri, i quali annuirono a quel deliberato, incorrono tanto poco al sostenimento della finanza comunale, quanto Cristo concorse alla dannazione di Pilato. Gli interessi del Comune dunque non furono tutelati e poco meno presi in considerazione tanto vero, che la deliberazione precitata fu unanimamente approvata.
3°. Perché non è dato al consiglio la facoltà di sciupare così il denaro comunale ed il deliberato in questione ne fa una vera prova. Le £. 3000, che si vogliono elargire ad una nascente Banda musicale, non producano nessun utile al paese, ove d'altra parte esiste una provetta banda, e provvista d’uniforme e non più pagata dal comune, ma da diversi cittadini, che concorsero a riparare le ingiustizie commesse dal Municipio, che la licenziò, per private vendette di alcuni membri componenti il Municipio stesso. Le entrate comunali debbono servire per l'esclusivo ed imperante bisogno del Comune e l'uniforme, che si vorrebbe complimentare alla mentovata banda non è, né esclusivo, né imperante, tanto più che una simile largizione non fu mai, nemmeno supposto, dalla passata amministrazione, contro la quale ardì appuntare, “il solito dividendum fra buoni amici”, frase molto ardimentosa, per chi la usava, troppo rigettata dal paese, che ora ne fa gli analoghi commenti.
Genis Mi - verticale |
4°. Perché i sempre crescenti balzelli e l'aumento annuale della sovrimposta comunale, cresciuta nel presente esercizio di £. 18,500 (scusate se è poco) hanno indignato e scosso il pubblico, atto quasi a compromettere la pace domestica, minacciata dai bisogni, molestata dalle gravi imposte e non rispettata da quegli individui, che chiamasi consiglieri comunali, verso i quali il pubblico stesso operava tanti promessi benefici.
5°. Perché il consiglio comunale non poteva doveva deliberare la rotonda cifra di £. 3000, quando sa, che la cassa comunale e affatto vuota e che la classe del proletario versa nella più squallida miseria, afflitta di una epidemia scoraggiante, che la sta decimando e che per assoluta mancanza di mezzi non può apprestare al decesso congiunto, condotto al cimitero, una cassa che potrebbe racchiudervi le ossa scarne e coprire pochi cenci luridi, che seco porta alla muta tomba. Tanto vero, che il Comune non potendo soddisfare taluni esiti necessari, ha chiesto al Governo dal Re sussidio per la povera gente, perché questo al pressante invito, vi ha di già addivenuto.
6°. Perché finalmente la somma in questione deliberata dal consiglio, puzza di vero capriccio, intento a soddisfare piuttosto un principio erroneo, che esatto, un effimero spirito d'amore proprio, più che reale se pur amor proprio vuol chiamarsi uno sfrenato fanatismo ed una riprovevole caparbietà, troppo pronunziati.
Ove i consiglieri rimasti alla direzione nella cosa pubblica volessero essere larghi di more, lo sieno pure, ma con le proprie sostanze, non col denaro dei contribuenti, troppo sacrificati da tante imposte e desolate dalla miseria.
Il bilancio comunale deve servire ai bisogni del paese, non ad impinguare molesti parassiti e succhianti mignatte.
In una opposizione allora sistematica fatta da molte egregie individualità all'amministrazione cessata si leggevano, e tuttora si possono leggere, le seguenti parole, “Il Popolo dovrebbe salire le scale del palazzo municipale e buttare dai balconi i consiglieri”. Questa frase poco dignitosa se si vuole non la riproduciamo per allusione, perché ci degraderemmo, ma la rammentiamo per debito di ricordo, aggiungendo soltanto, che noi onesti cittadini, non vogliamo con ciò aizzare il pubblico, come facevano molti degli attuali consiglieri, non vogliamo calunniare, come essi calunniarono, ma invece intendiamo percorrere la via della verità e della moderazione, tal quale nel nostro programma è stato stabilito. Ciò posto ci sottoscriviamo, Non senza non manifestare che la copia della presente opposizione sarà inviata.
Ribera 2 aprile 1882.
Giuseppe Salerno, Antonino Musso Genova, Mariano Cacace, Sebastiano Salerno, Calogero Chiarenza, Girolamo Turano, Salvatore Chiarenza, Francesco Salerno, Antonino Parisi, Vito Garamella, Calogero Quartararo, Gaetano Bruscianelli, Ignazio Parisi, Domenico Truncale, dott. Nicolò Cicirello, Vincenzo Mandese, Giuseppe Miliano, Alfonso Provenzano, Antonino Bollara, Giovanni Bollara, Matteo Gatto, Giacomo Scalia, Domenico Macaluso, Gioacchino Spinelli, Liborio Arcuri, Pietro Scalia, Giuseppe Arcuri, Gioacchino Arcuri, Pasquale Cacace, Natale Pintauro, Matteo Tallo, Giuseppe Triolo, Giovanni Cucchiara, Giovanni Riggi, Francesco Di Giovanna, Antonino Castagna, Nicolò Inglese, Francesco Pisco, Antonio Pisco, Giuseppe Cucchiara, Giovanni D’Alba, Michele Massaria, Vincenzo Bollara, Ciro Marrone, Emanuele Smeraglia, Giuseppe Ruvolo, Battista Presti, Matteo Tallo, Carmelo Guerreri, Pellegrino Salerno, sacerdote Nicolò Galluzzo, Angelo Abisso, Filippo Bruno, farmacista Gioacchino D'Angelo, Luigi Amari, Pasquale Mandina, Rosario Samaritano, Matteo Maniglia, Antonino Maniglia, Domenico Parlapiano, Giovanni Presti, Carmelo Quartararo, Baldassarre Maniglia, Serafino Samaritano, Luigi Sarullo, Vincenzo Calamia, Vito Calamia, Stefano Urso, Giuseppe Perricone, Antonino Pullara, Giuseppe Vaccaro, Nicolò Samaritano, Emanuele Catalanotto, Stefano Guerreri, Francesco Miliano, Lorenzo Di Giorgi.
Il Sindaco Giuseppe Gueli rispose alle infettive dei cittadini “onesti”, ma il Prefetto di Agrigento annullò ugualmente la delibera.»
Ribera, 25 luglio 2015
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